del Prof. Michele Falcone
Non può passare sotto silenzio una proposta cattolica e della destra, relativa alla “scuola della società civile” che, a parere di chi scrive, denota una certa arretratezza e pericolosità.Il Patriarca di Venezia, infatti, Cardinale Angelo Scola, in una intervista sul “Corriere della sera”, rilasciata verso la seconda decade di luglio, ha affermato che “lo Stato, in linea di massima, deve rinunciare a farsi attore propositivo diretto di progetti scolastici e universitari per lasciare questo compito alla “società civile” e, quasi contemporaneamente, il senatore di Alleanza Nazionale, Riccardo Pedrizzi, si è così espresso: “Bisogna passare dalla scuola di Stato alla scuola della “società civile””.
Stupiscono le due posizioni che rappresentano, nella sostanza, un arretramento civile nella funzione della gioventù, a tutti i livelli o gradi di insegnamento e di apprendimento. Quella dell’alto prelato perché contribuisce ad indebolire, frantumandoli, una struttura nazionale e un indirizzo unitario di fronte al premere di iniziative laicistiche e islamiche tendenzialmente incontrollabili e chiaramente anticattoliche; quella dell’esponente di Alleanza Nazionale perché è la negazione delle conquiste e dell’indirizzo, di ispirazione nazionale e di contenuto sociale, che vede nell’istruzione pubblica la garanzia, senza distinzione di censo, di etnia, di territorio la via maestra per l’elevazione generale dell’istruzione e della preparazione in ogni ordine e grado dei cittadini italiani.In verità non si riesce a comprendere cosa sia la “società civile” contrapposta allo “Stato”, anche perché sembrano ben superate le diatribe postrisorgimentali di certi ambienti cattolici, non coinvolti, nel movimento unitario nazionale, che attraverso la figurazione della “società civile”, definita estranea al concetto di Nazione, volevano negare al nuovo Stato il diritto alla educazione e alla coscienza unitaria di appartenenza.Se lo ”Stato” non è altro che la “società civile” giuridicamente organizzata, non si comprende perché la struttura legale della società civile, democraticamente rappresentata, debba distinguere tra forma giuridica e sostanza civile visto che si tratta della stessa entità.La verità è che vi è un arretramento culturale di fondo in quanto si confonde lo Stato con la Pubblica Amministrazione, l’organizzazione giuridica della comunità nazionale con la struttura burocratica centrale e periferica, il cosciente senso di appartenenza alla società nazionale con l’occupazione prepotente delle posizioni di potere.Non va sottaciuta neppure la proposta avanzata dall’on. Buttiglione, chiaramente insostenibile, secondo cui non dovrebbero occuparsi dell’educazione né “lo Stato, né la Chiesa, ma le famiglie che si organizzano nella società”.Si tratta di una proposta incredibile, utopistica e anarchica che si risolverebbe nella creazione di strutture disarmoniche legate al censo, e così le famiglie con soldi e con precedente istruzione elevata perpetuerebbero tali condizioni per i propri figli, mentre le famiglie povere e senza studi sarebbero estremamente penalizzate e i loro figli sacrificati.Più avanti Buttiglione dice: “restituiamo alla famiglia il diritto di educare”, e gli chiediamo che cosa vuol dire quel “restituire”, dal momento che questo diritto all’educazione le famiglie l’hanno per natura; se non lo esercitano o lo esercitano male, non può esservi alcuna supplenza dello Stato o di altro ente. Il compito dello Stato è quello di fornire quelle nozioni, quelle conoscenze e quelle consapevolezze che pongono ciascun giovane cittadino in condizione di operare nella vita associata in condizioni paritarie di partenza.A chi gli chiedeva chi, senza Stato, avrebbe potuto pensare a rimuovere gli ostacoli che impediscono ai più deboli di avere un’educazione, Buttiglione così rispondeva: “l’idea non è di favorire la scuola privata, l’idea è che ogni scuola deve avere la sua identità, mettere in campo servizi e poi le famiglie scelgono liberamente”.E’ qui che si annida il difetto di fondo, cioè la scelta della formazione ideologica pluralista.In tal modo, invece dell’arricchimento culturale attraverso la scientificità acquisita e il comune sentimento nazionale, si produce l’incomunicabilità per il radicamento delle posizioni preconcette.La costituzione di una scuola laica, libertina, cattolica, valdese, protestante, ebraica, islamica sciita, islamica sunnita, islamica moderata e così via, diventa impossibile per lo Stato di vigilare sulla uniformità e sulla inadeguatezza di tanti differenti mentalità scolastiche, ed è pure chiara la conseguenza disastrosa per le generazioni future circa la frattura culturale all’interno dello stesso territorio nazionale.Per fare passi avanti di vero progresso civile ed economico è necessario che tutti gli schieramenti politici, escano dal fumoso e comunque equivoco progetto scolastico concepito esclusivamente come “dialogo”, “apertura”, “ascolto dell’altro”, perché tutto ciò non vuol dire niente, proprio perché si tratta solo di comportamenti, non di contenuti istruttivi, formativi, educazionali. Tali atteggiamenti dialoganti possono essere che la conseguenza dei seri, consapevoli e unitari progetti nazionali miranti alla rigorosa preparazione di base, a metodi volti a diffondere sistemi di meritocrazia, a privilegiare la formazione per le specializzazioni e per la ricerca.Per dialogare, insomma, per comunicare bisogna prima abituare all’indagine critica e non superficiale, a ripristinare e non a demonizzare il fondamentale insegnamento delle nozioni di base, a insegnare anche col mandare a memoria i testi di prosa e di poesia dei classici, a collocare nel tempo fatti, idee e comportamenti attraverso lo studio delle date altrimenti non si potrà trarre insegnamenti dal passato.Le conseguenze dell’ignoranza, della superficialità, dell’inadeguatezza di tali errori educativi sono esperienza di tutti gli insegnanti universitari che ereditano ogni anno troppi giovani impreparati, e, quel che ancora più grave, inconsapevoli della loro ignoranza.Altro che scuola di una generica e non individuabile “società civile!”.E’ necessaria una scuola pubblica seria, selettiva secondo attitudini e impegno, aperta a tutti, per tutti, con esami seri e insegnanti valutati secondo i risultati dei propri allievi.
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